Il 9 maggio è il Giorno della memoria delle vittime del terrorismo e delle stragi
♫ ♬ … Agosto, che caldo, che fumo, che odore di brace,
non ci vuole molto a capire che è stata una strage … ♬ ♫
Con questi versi inizia Agosto, brano di Claudio Lolli dedicato alla strage del treno Italicus, una delle due che funestarono il 1974. Ma di stragi di varia matrice sono costellati i ventiquattro anni che vanno da dicembre del 1969 a gennaio del 1994.
Eppure si continua a parlare solo degli anni Settanta, banalmente definiti anni di piombo (1), come se tutto fosse iniziato e finito in quel decennio.
Ritengo sbagliato enfatizzare l’operato di un pugno di criminali senza alcuna speranza di successo, quali i brigatisti rossi e soci, che erano un corpo estraneo non solo allo Stato ma anche a quegli strati sociali di cui si illudevano di essere le avanguardie. Tutt’altra cosa rispetto ai terroristi del tritolo, collusi col potere, spesso essi stessi membri del potere, funzionari dello Stato che invece di difenderlo contribuivano a destabilizzarlo, direttamente o per interposta persona. Non è questa la sede per approfondire l’argomento, ma fra le interposte persone ci si possono mettere sia i terroristi neri e rossi che le bande mafiose, queste ultime da sempre organiche al potere, come si sarebbe detto allora, in un gioco complicato in cui non è mai chiaro chi utilizza chi.
Volendo fare dell’umorismo nero, si potrebbe dire che come i cinesi chiamano gli anni con nomi di animali - anno del cane, della scimmia, ecc. - noi dovremmo chiamarli con i nomi delle stragi: l’anno della strage di piazza Fontana, della stazione di Bologna, del Treno di Natale ecc..
Nella prima metà degli anni Settanta la stagione delle stragi fu accompagnata dal concreto rischio di un colpo di stato, un rischio che era entrato talmente nel nostro pensare, nella nostra quotidianità, come se si trattasse di una cosa normale, da essere citato in una canzone di Claudio Baglioni, “… ed aspettare”, insieme alle cose che in una vera normalità si aspettano: " … Il 9 barrato, la primavera, un tuo sorriso, babbo natale … colpo di stato … ".
L’apice della stagione stragista si raggiunse a marzo del 1978, quando fu rapito Aldo Moro e uccisi gli uomini della sua scorta.
Moro era il bersaglio ideale per chi voleva dare al suo rapimento un valore simbolico tale che nessun altro gesto avrebbe avuto e con questa azione i sedicenti rivoluzionari nostrani sferrarono quell’attacco al cuore dello Stato che costituiva uno dei loro slogan più noti.
I fatti sono troppo conosciuti per parlarne ancora, ma vale la pena di ricordare l’ampio e variegato dibattito che si sviluppò sul da farsi, sul trattare o no con i rapitori.
La questione era se salvare Moro, anche a costo di cedere al ricatto dei terroristi, oppure non cedere, in nome della legalità, sacrificando un essere umano.
Nel dibattito sul trattare o meno si inserì anche il papa, Paolo VI, che, scendendo moralmente dal suo “trono”, fece un grandissimo gesto di umiltà, supplicando accoratamente i brigatisti di liberare Moro (2).
Purtroppo anche il papa rimase inascoltato e il 9 maggio il corpo di Moro fu trovato in una Renault 4 parcheggiata in una viuzza a metà strada fra le sedi della DC e del PCI.
La Renault Rossa, si continua a leggere sui giornali, quando se ne parla, ma in realtà era bordeaux.
Moro avrebbe potuto essere salvato? La risposta la sa il vento, dice più o meno Bob Dylan, ma noi non la sapremo mai. Sappiamo però che molte ombre permangono sugli ambienti investigativi italiani, in particolare sull’entourage del ministro dell’Interno dell’epoca, nel quale – secondo quanto scrissero in seguito molti giornali – sarebbero stati operativi funzionari risultati collegati ai servizi “deviati” e alla loggia massonica segreta P2.
Essi diedero il peggio di sé nel 1980, dopo la strage alla stazione di Bologna, quando fu subito chiaro che non si trattava di terrorismo “rosso”, perché le B.R. e i loro emuli non sparavano nel mucchio ma ad obiettivi ben identificati.
A quarantadue anni da quel giorno si può affermare che fu attuato un grande depistaggio, confermato dalla condanna definitiva - solo come esecutori materiali - di un gruppo di neofascisti.
Restano tuttora ignoti i mandanti e si è dovuto attendere quarant’anni per leggere in una sentenza della magistratura che la strage si inquadrava in “un progetto destabilizzante che coinvolgeva alla radice lo Stato democratico, nell'ottica della riaffermazione di uno Stato autoritario” e che “si è trattato di una strage politica, o, più esattamente di una strage di Stato” (4).
NOTE
(1) Dal titolo del film della regista tedesca Margarethe Von Trotta, dedicato al terrorismo politico che in quegli anni insanguinò la Germania.